Il mondo chiede verità e giustizia per Gina, la Jackina torturata

Il mondo chiede verità e giustizia per Gina, la Jackina torturata

La giornata dell’8 di agosto 2014, data del tragico ritrovamento della piccola Jack Russell di nome Gina, barbaramente torturata, ridotta in fin di vita e morta dopo due giorni di agonia, durante l’internazionale di San Giovanni in Marignano (Cattolica-Italia), rimarrà impressa in modo indelebile nella mente delle decine di migliaia di appassionati di sport equestri, rappresentando la pagina più nera della storia dell’equitazione. La notizia di un cane seviziato, chiuso in un sacchetto di plastica, incendiato e sepolto vivo, ha destato una rabbia generale e diffusa, inasprita dal fatto che sia successo “dietro l’angolo”, in un ambiente che fa sport con il cavallo, che lo alleva, che lo ama. L’idea che il carnefice, o i carnefici, siano certamente appartenenti o gravitanti nel mondo equestre è raccapricciante. L’amore per i cavalli ci lega anche contro la nostra volontà. La passione per tutto quello che fa parte del mondo animale ci accomuna tutti. E, negli anni, diventiamo a nostra insaputa, una grande famiglia, seppur caratterizzata da amicizie o antipatie. È così che si spiega lo sgomento, lo sdegno ed il disgusto che hanno provato tutti i concorrenti del concorso dell’Horses Riviera Resort, questo fine settimana, e l’immediata, cospicua partecipazione canalizzata nel gruppo Facebook “Gina è anche il mio cane-Vogliamo giustizia” (18.000 membri in 28 ore). Chiunque sia stato, non è uno di noi. Il mostro, (o i mostri), capace di tali atrocità verso un cane, è un soggetto socialmente pericoloso, che può riversare la sua violenza, la prossima volta, su un altro cane, un cavallo, un bambino, una donna. Chiunque sia stato, non trova posto nel nostro ambiente equestre. Chiediamo, pretendiamo, che venga allontanato, che ci sia giustizia. Vogliamo essere tutelati e non vogliamo nemmeno lontanamente rischiare di inquinare, con un tale elemento, l’immagine del nostro sport e di chi lo pratica. Per ogni cavallo che partecipa ad una manifestazione equestre, potete essere sicuri che troverete scorrazzare in giro, in modo sorprendentemente educato, almeno un cane. Non sempre identifichiamo i cavalli dei nostri amici o avversari, ma riconosciamo, in modo inequivocabile, le loro “piccole/grandi ombre”, gli amici fedeli che per primi scendono dal camion o dalla macchina all’arrivo ad un concorso e si tuffano in un saluto scodinzolante ed entusiasta, addosso a chi è già arrivato. Anche i nostri cani ai concorsi formano una grande famiglia, magari litigano, qualcuno ne esce un po’ acciaccato ogni tanto, ma fin’ora hanno potuto vivere in modo spensierato la loro libertà, 24 ore su 24 con il loro padrone, e così deve rimanere. Per questa ragione, la Stampa si è mossa immediatamente, e il gruppo FB “Gina è anche il mio cane” ha voluto far parlare, a favore di Gina e Claudia, anche gli “amici pelosi”. In poche ore si è creata una sfilata fotografica di decine di migliaia di cani, di ogni razza e per lo più meticci. I tesserati FISE sono circa 120.000, ma, malgrado l’eterogeneità di questo mare di persone, mai era successo niente di analogo. Solitamente queste storie le leggiamo sui quotidiani e ci sembrano lontanissime dal nostro mondo. Che ci serva di lezione, stiamo più attenti in futuro e teniamo i mostri fuori dalla porta di casa nostra. Restiamo uniti verso lo scopo comune: verità e giustizia. Dare libero sfogo alla rabbia che proviamo dentro non fa altro che avvicinarci, nei modi e nel pensiero, al comportamento di chi ha commesso quest’atrocità. Sono partite le denunce, abbiamo contattato la Fise, il CONI e la Federazione Equestre Internazionale. Quest’ultima, nella persona del Segretario Generale, Ingmar Devos, ha risposto istantaneamente, anche se era domenica, chiedendo immediatamente delucidazioni. Celere anche il riscontro da parte della FISE, che ha dichiarato “tolleranza zero”. Abbiamo il dovere, dettato dalla nostra coscienza, di aiutare i legali coinvolti sul caso, a fare chiarezza sul fatto. Chiunque abbia visto qualcosa o possa aggiungere elementi probatori al mosaico di informazioni delle quali già disponiamo, contatti Caterina Brambilla (legale di Claudia Morandi). Ricordatevi che è un dovere morale verso il prossimo e verso voi stessi. Poteva succedere a uno di voi: al vostro cane, al vostro cavallo, ai vostri figli.

comunicato a cura del gruppo “Gina, è anche il nostro cane” e Dothorse

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