Adriano Capuzzo: addio ad un campione, un maestro, un signore

Adriano Capuzzo: addio ad un campione, un maestro, un signore

“Era soprattutto un uomo straordinario, uno dei pochi veri uomini di cavalli del nostro Paese, umile, onesto, profondamente rispettoso dello straordinario amico a quattro zampe che accompagna il cammino di chi sceglie l’equitazione. Adriano è stato anche il mio maestro, certo. Il mio e di tanti altri ragazzi che ha formato con abilità inarrivabile. Ma credo che a lui per primo farebbe piacere essere ricordato essenzialmente così: come un uomo strepitoso. Era il suo credo, la prima idea che provava a trasmettere ai suoi allievi: se non diventerete uomini, non sarete mai cavalieri”.

Stefano Brecciaroli ricorda così Adriano Capuzzo, che nella notte che ci siamo appena lasciati alle spalle se ne è andato a modo suo, in punta di piedi, con la serenità che lo ha accompagnato per ottantaquattro anni, arrendendosi alla barriera di una malattia che proprio non gli è riuscito di scavalcare.

Di famiglia piemontese ma nato a Roma, il cavaliere, l’istruttore, il direttore, il commentatore, il signor Capuzzo. Nato in un anno pieno di fermenti, il 1927. L’11 agosto, per la precisione. Proprio in quei giorni, soprattutto a ridosso di quell’estate tra l’altro caldissima, succedevano un sacco di cose. In Italia, ad esempio, Mussolini inventava la tassa sul celibato degli uomini e, con la Carta del lavoro, vietava scioperi e serrate. Lindebergh attraversava in volo l’Atlantico, alzandosi a New York e atterrando a Parigi. L’America giustiziava gli anarchici Sacco e Vanzetti, in Unione Sovietica Trotsky era espulso dal partito comunista. A Marktl am Inn, nel cuore della Bavaria, nasceva Joseph Alois Ratzinger, futuro Papa Benedetto XVI. A Roma, tre società di calcio si univano fondando il club con i colori della città, la As Roma. Erano i primi di luglio. Due settimane prima, Alfredo Gianoli trasmetteva in diretta la prima radiocronaca del Gran premio di galoppo da San Siro, a Milano.

Proprio i cavalli – quelli del completo e del salto, però – sarebbero entrati di prepotenza nella vita di Adriano Capuzzo, per tutti gli ottantaquattro anni successivi a quell’evento. Un amore a prima vista, esploso nell’estate del ’34. Il giovanissimo Adriano – minuto nel fisico quanto enorme nella personalità, nella determinazione, nel talento – cominciava a montare presso l’Opera nazionale Balilla, alla Farnesina. Suo maestro, Costante d’Inzeo, padre di Piero e Raimondo. Una scuola dura quanto formidabile. Quattro anni – lui ne aveva appena undici – ed eccolo impegnato nelle prime gare. A mettere in mostra, da subito, un talento straordinario. Alla Farnesina, cui era legatissimo, sarebbe rimasto fino al ’53. Sempre con cavalli non di sua proprietà, ma affidatigli volentieri da proprietari entusiasti dell’idea di vederli montati da un campione come lui.

In quegli stessi anni, ormai ventiseienne, fu invitato dalla FISE a montare presso il Cepim, il Centro di preparazione ippica militare, per il completo a Montelibretti, agli ordini di Fabio Mangilli. Nel ’56, fu l’unico civile a partecipare ai Giochi olimpici di Stoccolma, nella squadra azzurra di completo, in sella al cavallo federale Tuft of Heather: arrivò nono a livello individuale e quinto a squadre.

La sua passione lo portò poi a cimentarsi nel salto ostacoli, senza mai trascurare il “suo” completo, sempre da titolare inamovibile del team italiano. Girò l’Europa e il mondo, per anni: Windsor, San Gallo, Aquisgrana, Madrid, Barcellona, Parigi, Dublino, La Baule, Dakar, Città del Messico, Caracas, Johannesburg, conquistando diverse coppe delle Nazioni. L’ultima sua esibizione nel 1974, sull’amatissimo ovale di Piazza di Siena, in sella a Beau Regard, il partner che forse più di ogni altro incarnò il suo amore per i cavalli. Capuzzo ne aveva praticamente perso le tracce, a seguito della decisione del proprietario di cederlo. Lo rintracciò per caso, anni dopo, in un viaggio all’estero. Beau Regard era ormai maturo per una serena pensione, ma il cavaliere lo volle comunque con sé: lo acquistò e lo riportò in Italia. Come un amico ritrovato.

Alle soglie dei cinquant’anni, affermato dirigente d’azienda nel ramo alberghiero ma senza mai perdere l’abitudine di frequentare ogni giorno gli adorati quadrupedi (è stato calcolato che ne ha montati poco meno di 320: un altro record straordinario di quest’autentica icona dell’equitazione), il cavalier Capuzzo prendeva un’altra strada. Tecnico e istruttore (al Pony Club Roma, alla Farnesina, per la FISE come tecnico responsabile del completo), dirigente (è stato consigliere della FISE e presidente del Comitato regionale Lazio), ideatore di eventi (la Coppa Lazio e Trofeo Fratelli d’Inzeo), commentatore televisivo, giudice.

Proprio in quest’ultima veste la FISE lo aveva salutato, con il presidente Andrea Paulgross, ai Pratoni del Vivaro, il 16 maggio scorso. In occasione del campionato italiano di completo, la federazione premiava lui e altri tre giudici storici della nostra equitazione, arrivati al culmine della propria carriera. Abbiamo ancora negli occhi il suo sorriso, accanto a Paulgross e a Nanni Grignolo, Ludovico Nava e Adalberto Magliari Galante, la targa celebrativa nelle mani, infilato nell’impeccabile divisa con giacca blù e pantaloni beige. Giudice nazionale e internazionale di completo, salto e dressage: l’ennesima tappa di un’avventura fantastica, che il presidente federale non a caso salutò con evidente commozione: “Oggi stringo la mano a quattro detentori di un patrimonio prezioso, che vive di tanta esperienza, competenza, passione. A loro va la mia stima, ma soprattutto il mio rispetto e la mia riconoscenza per il grande contributo assicurato nella costruzione di quell’eredità che ci accomuna e che ci appartiene”.

Un’eredità che purtroppo Adriano Capuzzo oggi ci lascia per sempre. Con dignità ed eleganza, certo. Ma “facendoci sentire un po’ più soli”, come ci ha sussurrato stamattina Stefano Brecciaroli, uno dei suoi ragazzi. Domani alle 15 sarà in prima fila, a salutarlo per l’ultima volta. Le esequie del signore dei cavalli avranno luogo a quell’ora, presso l’Ippodromo militare di viale Tor di Quinto.

(Nella foto, Adriano Capuzzo su Prince Burring)

comunicato e foto Fise

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