Equitazione azzurra allo sbando

Buongiorno,
vivo da molti anni in questa meravigliosa “bolla di sapone” che è l’ambiente equestre in Italia; e vorrei ancora una volta sorridere di fronte al rinnovarsi di focolai polemici attorno alla F.I.S.E., ma questa volta, complice forse un pò di pessimismo dato dalla crisi economica, siamo veramente arrivati ad un punto di non ritorno.
Avverto questa spiacevole sensazione in tutti gli aspetti della mia vita equestre: da appassionato, da cavaliere, da allevatore, da proprietario (di cavalli e di una scuderia), e la mia attività di imprenditore mi consente di avere una visione distaccata quanto basta, per comprendere la complessità dei problemi che oggi più che mai sembrano irrisolvibili.

Immerso nella figura di appassionato, non solo mi sento deluso da ciò che sta accadendo, ma per certi versi quasi preso in giro.
Data la mia età, ho potuto gioire dell’ultima vittoria in coppa delle Nazioni a Roma nel 1985, e credo che nessuna squadra al mondo manchi una vittoria in casa propria da così tanti anni.
Ci siamo andati vicini qualche anno fa, nonostante un percorso che sembrava disegnato apposta per mettere in difficoltà i nostri; e ricordo che questo mi fece sorridere amaro; “abbiamo un cavallo del team che salta così così le combinazioni con l’acqua? bene, ne mettiamo una bella tosta”.
Lo so, sarà un discorso poco sportivo, però non pensiate che gli irreprensibili tedeschi non disegnino la coppa di Aachen con un occhio di riguardo alle caratteristiche dei loro binomi.

Il resto è stato un susseguirsi altalenante di risultati mediocri ma anche  buoni, se vogliamo essere positivi, perchè non mi stancherò mai di dire che i cavalieri in Italia non mancano, ed è solo grazie a loro che è arrivato qualche sorriso.
Abbiamo vinto una finale Samsung, abbiamo fatto un buon europeo a San Patrignano; abbiamo agguantato una qualificazione per le Olimpiadi di Atene con dei percorsi a dir poco eroici, e ci siamo ben comportati in molte coppe poco pubblicizzate, ma nel momento in cui ci si aspettava qualcosa che potesse dare una spinta ad un ambiente così assetato di linfa, siamo sempre rimasti al palo; e quasi sempre c’era, a mio avviso, qualche scelta sbagliata in partenza da parte di chi dovrebbe analizzare, organizzare, decidere e agire con lungimiranza e competenza; ovvero la federazione.

Ma si sa, da imprenditori si vede tutto come un’azienda, dove c’è poco spazio per le chiacchiere, tutto deve funzionare.
Evidentemente la federazione ha dei meccanismi molto più complessi, più vicini ad una realtà politica che aziendale, e questo si riflette poi sull’efficienza.
Qualcuno probabilmente sventaglierà dei numeri, dicendo che nelle passate gestioni federali molto è stato fatto per promuovere tesseramenti, iniziative, e quant’altro… ma, Signori, se si perde di vista la bandiera, il simbolo, tutto il resto rimane appannato; come un ambiente dello sci senza Alberto Tomba, come un nuoto senza Francesca Pellegrini, come un mondiale di calcio senza Italia-Brasile, o Italia-Germania.

Non entro nella polemica di Falsterbo, perchè sono a conoscenza solo parzialmente di cosa ci sta dietro, e quindi non mi esprimo.
Certo è che se una trasferta come quella di Aachen può avermi soddisfatto se non altro per la grandissima dignità delle prestazioni, una trasferta come quella di Falsterbo non ha fatto bene a nessuno, nemmeno a bravi cavalieri che hanno fatto di tutto per onorare un impegno forse troppo gravoso in questo momento.

Nella figura di cavaliere, ormai ho perso qualsiasi speranza.
Per me sono quest’anno 25 anni di concorsi, ininterrotti; ne ho viste di tutti i colori, come si suol dire.
Ma la sensazione predominante è sempre quella: ovvero che il nostro ambiente è migliorato soprattutto grazie alla passione di pochi, e questi pochi prima o poi si allontanano delusi dalla “bolla di sapone”.
Proprietari sponsor scomparsi perchè incentivati poco o nulla, cavalli “bruciati”, cavalieri “abbandonati”, e chi più ne ha più ne metta.
Il nostro meraviglioso calendario, con le nostre strutture che tutta l’europa ci invidia, esistono soltanto grazie alla passione; nessuno ha programmato nulla, anzi, laddove non c’è stata l’iniziativa privata, il tutto è naufragato in un niente di fatto.
Il tutto sta in piedi grazie a noi, a gente come me che porta i propri cavalli in gara con spese altissime, e si accontenta di fare bene, perchè, Signori, piazzarsi al giorno d’oggi in una gara da 135 in certi concorsi non è semplice….ma alla cassa, se non si arriva nei primi 3, si rimane ben delusi: 100 partenti, in 1 guadagna, 1 guadagna un pò meno, 1 si paga le spese, gli altri fino al decimo si pagano il pranzo… e gli altri 90 staccano l’assegno.
Per non parlare dei cavalli giovani; se non si partecipano ai vari circuiti (in cui varrebbe la pena di aprire un capitolo a parte, ma nel quale non mi voglio nemmeno addentrare, perchè dovrei scrivere un libro…), si può andare ai vari nazionali, fare sempre zero, spendere 165 euro e vincerne 40, senza aver toccato una barriera.
Si parte già sulle spese ancor prima di aver caricato il cavallo sul van.

Questa è la verità, e se può andare bene ad un appassionato come me, altrettanto forse non è per i potenziali sponsor che a forza di versare oboli per portare avanti i propri cavalli, prima o poi si stancano e abbandonano.
Perchè diciamocelo, un super cavallo, se lo si ritiene tale e lo si vuole tenere integro, in Italia vince euro zero fino a 8 anni; poi, forse, salendo di categoria, dove gli altri annaspano, lui può dire la sua; ma quanti si possono permettere questo lusso?

Nella figura di allevatore, la mia scelta di allevare all’estero la dice lunga.
Anche qui, la passione la fa da padrona.

Sento continuamente la frase: “…se vogliamo raggiungere il livello dei paesi stranieri…” e tutto questo, per l’ennesima volta, mi fa sorridere.
L’Italia non è un paese che si adatta all’allevamento, per tutta una serie di ragioni.
Il territorio, il clima, i costi.

E sperare di eguagliare i paesi stranieri è quantomeno utopistico; basti guardare i numeri.
In Italia si produce una quantità almeno tre volte  inferiore di cavalli (parlo di tutte le razze, non solo di cavalli da salto) rispetto al minuscolo lander dello Schleswig Holstein in Germania.

La qualità è importante, certo, ma anche la quantità ha una sua rilevanza! Nella quantità vi è più probabilità di pescare il soggetto vincente; nella quantità vi è la possibilità di selezionare meglio, perchè i dati d ritorno sulla produzione sono più precisi quando i numeri sono alti.
In Italia, complice la crisi, i numeri si stanno abbassando; allevare costa troppo, i cavalli non si vendono, e quindi anzichè tenere 4 fattrici, l’allevatore tipico ne tiene una soltanto.
Quale direzione prendere? L’unica salvezza sta nel cercare di non martoriare gli allevatori con costi fuori da ogni logica.

Ma non si andrà comunque lontano.
Questa è la mia personalissima visione.

Potrei scrivere per ore, ma credo che questo possa bastare in quanto non ho detto nulla di nuovo, anzi, credo che tutto questo sia condiviso pienamente da voi.

Cordiali saluti

Paolo Sareni

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