L’impulso è riconosciuto come uno dei fattori fondamentali, se non quello primario, per una buona e vincente equitazione; tutti coloro che vogliono fare un’equitazione tale, devono dunque coltivare l’impulso e, per farlo, debbono anche sapere che cosa esso sia veramente.
L’impulso è una caratteristica psicologica del cavallo, è una propensione che si manifesta con l’andare costantemente in avanti; non è dunque il movimento in avanti in sé, ma ne è il presupposto (tant’è che l’impulso deve esser presente, come volontà di portarsi avanti, anche nell’alt!). Per ottenere ciò, il cavaliere deve lavorare su di un cavallo reattivo ma allo stesso tempo rilassato; un cavallo ovviamente sano di cui, col tempo, ha guadagnato la fiducia e l’obbedienza e che ora è pronto a offrirgli “volentieri” la sua predisposizione alla spinta. È evidente, dunque, che l’impulso indotto dal cavaliere presuppone un buon livello di addestramento; soltanto in tal modo il cavaliere potrà andare a potenziare l’impulso che – analogamente a quello sessuale o a quello a cibarsi – il cavallo naturalmente già possiede.
A tal proposito, il cavallo dovrà essere decontratto, avere un buon ritmo (mai affrettato) e impegnare il posteriore flettendo le molle (in particolare le anche) con movimenti ampi ma allo stesso tempo naturali: il tempo di sospensione del movimento degli arti – e qui mi riferisco soprattutto al dressage – deve essere marcato (questo è un chiaro segnale dell’impulso) ma non dovrebbe essere esasperato; si guardino i video di Reiner Klimke e la naturalezza, la decontrazione, la disponibilità e l’eleganza espressa dai suoi cavalli.
Come si ottiene
Ma vediamo, più nel dettaglio, che cosa dobbiamo ottenere e in che modo. Ebbene, innanzitutto, dovremmo lavorare su di un cavallo nella mano, con la mascella decontratta. Quando la mano, con un corretto appoggio, si offre senza mai tirare (altrimenti si spezza l’energia proveniente dalle anche) all’impulso, quest’ultimo aumenta: la schiena fluttua come un’onda, il cavallo si raccoglie, i suoi posteriori si ingaggiano (vanno sotto la massa) ed esso diventa una potente molla che può andare in tutte le direzioni. La sensazione deve essere quella di avere un cavallo “vibrante” (d’Aure) e di stare, per così dire, in salita e col cavallo davanti a noi.
Ma come si incrementa, in pratica, la fonte di questa spinta? Innanzitutto, bisogna sempre cercare di esser gentili, perché è la generosità che vogliamo dal cavallo, perché l’impulso presuppone calma e collaborazione fiduciosa del nostro compagno. Concretamente, l’impulso si incrementa (soprattutto) in due modi: 1) con gli aiuti di gamba e 2) con l’assetto:
1) A proposito delle gambe, va premesso che tartassare – come fanno molti – il cavallo con le gambe, costantemente e in ogni circostanza, è un buon metodo per dissipare l’impulso (il cavallo non capisce, si annoia, si desensibilizza). Un altro tipico errore è quello di pensare che dobbiamo usare le gambe con grande forza: la buona equitazione non è questione di forza (sebbene essa possa essere utile in alcune circostanze)! Ciò che dobbiamo imparare sono i tempi e il modo in cui usare gli aiuti di gamba. Il metodo corretto è il seguente e vale la pena di parlarne perché molti lo conoscono ma pochi lo mettono in atto bene: solamente quando l’impulso non c’è, chiederlo con la pressione delle gambe (anche, nei casi limite, col vigore dello sperone o della frusta se il cavallo non reagisse, ma solo per un attimo); rilasciare immediatamente la pressione quando il cavallo si mette veramente in moto. Tutto ciò sembra banale, ma presuppone l’ascolto, da parte nostra, del cavallo: il movimento in avanti va premiato sùbito e sempre, rilasciando la pressione e cedendo con le dita senza mollare tutto bensì resistendo elasticamente.
2) Per quanto riguarda l’assetto esso è, in generale, indispensabile per una buona equitazione. In particolare, per creare impulso, esso è un mezzo importante: sempre e solo quando ce ne è bisogno, il bacino avanza ossia, con un lieve incurvamento della schiena, accompagna il movimento e spinge in avanti la sella (Müseler); ottenuto il risultato, automaticamente, l’assetto torna a esser fermo (ma non rigido): il tutto va fatto in armonia col movimento del cavallo. Per usare bene l’assetto la gamba deve esser a sua volta ferma, decontratta ma aderente al costato. Le mani fanno poco: indirizzano il flusso propulsivo proveniente, attraverso il tratto dorso-lombare, dal posteriore, che rappresenta la fonte dell’impulso. Talvolta, quando il cavallo “si porta da solo”, impegnandosi al massimo, alcuni maestri, con eleganza, suggerivano di dare una totale ricompensa: con una “discesa di mano” le pressioni vengono del tutto a mancare.
L’impulso dei campioni
Non vi sono dubbi sul fatto che la qualità dell’impulso è (insieme ad altri fattori) quella che fa la differenza tra i cavalli addestrati mediocremente e quelli addestrati eccellentemente; è anche ciò che fa sì che i veri campioni del salto ostacoli e del dressage (ma non solo) siano tali e vincano, facendo durare il loro successo e i loro cavalli negli anni. Ci sono molti esempi di ottimo impulso tra i cavalieri passati e presenti, tanto che una lista sarebbe impossibile (e forse anche inutile). Si osservino le immagini o i video, nel dressage, del già citato Klimke o della campionessa olimpica in carica Charlotte Dujardin; oppure, nel salto ostacoli, si vadano a studiare i percorsi di Piero d’Inzeo o quelli di Nick Skelton. In realtà, per farsi un’idea generale, basterebbe osservare con attenzione un qualsiasi campo prova di una grossa gara (magari un concorso internazionale di salto ostacoli) per capire che cosa significhi andare a saltare 1.50 m – spesso molto lentamente – con un buon impulso.
Come coltivare l’impulso
Tornando a noi, si ricordi che ogni esercizio fatto con impulso sarà veramente costruttivo per le sensazioni che lascerà al cavaliere e per i vari effetti positivi che avrà sull’addestramento del cavallo. Le transizioni andranno fatte spesso e bene, essendo tra i migliori esercizi per aiutarci a incrementare l’impulso ma, attenzione a non esagerare: ripetere sempre (o troppo spesso) gli stessi esercizi senza variazioni è deleterio, in quanto toglie al cavallo il piacere del lavoro e diminuisce il suo impulso naturale anziché accrescerlo!
Anche fattori gestionali come una corretta alimentazione e un buon equilibrio tra lavoro e riposo, inoltre, possono favorire – anche se mai come l’addestramento – la disponibilità del cavallo a portarsi in avanti, su cui poi lavoreremo (parentesi: il riposo non è bloccare il cavallo in box, bensì metterlo un po’ al paddock, oppure farlo passeggiare a mano o anche montato purché in relax e, magari, in campagna).
Infine, andare in passeggiata in campagna – se le condizioni lo permettono – e divertirsi alle diverse andature, possibilmente con altri compagni, aiuta molto la psicologia del cavallo, anche relativamente all’impulso. Tutto ciò che ho detto (ma che non è mia scoperta, bensì cultura equestre) non va sottovalutato, essendo la ricerca dell’impulso fondamentale: come sintetizzò L’Hotte, “plus d’impulsion, plus de cheval”!