
Nel corso della sua lunga e ricca carriera Federico Roman ha fatto incetta di premi. Cavaliere di punta del completo italiano, negli ultimi due anni è stato tecnico nazionale Fise per i pony, mettendo a disposizione dei più piccoli la sua grande esperienza e talento.
L’abbiamo raggiunto durante uno stage, tenuto lo scorso mercoledì e giovedì presso l’ A.S.D Il Brughetto di Borgo Ticino, in provincia di Novara.
Come sono organizzate queste due giornate di stage?
“Sono due giornate con quattro gruppi di ragazzi, la mattina abbiamo due gruppi di ragazzi più giovani, tra i 9 e i 13 anni, mentre il pomeriggio lavoriamo con ragazzi più esperti, che hanno 14/15 anni. Lavoriamo in maneggio a causa del tempo con riprese da un’ora e mezza. Nella prima parte ci concentriamo sul lavoro in piano vario, di riscaldamento, con spostamenti laterali e transizioni, nella seconda parte lavoriamo sui salti”.
Qual è l’obiettivo tecnico che vuole raggiungere con queste due giornate?
“Ci sono due obiettivi diversi. Per i ragazzi più giovani e per i pony club meno specializzati lo scopo è di vitalizzare l’ambiente, creare uno stimolo in modo che cresca l’afflusso di ragazzi giovani, in particolare per la prossima edizione della Coppa Italia, che dall’anno prossimo prevede una nuova categoria per i giovanissimi, l’Under 13.
Per i ragazzi più avanzati è una sorta di “punto della situazione”. In fase di preparazione della nuova stagione agonistica è un momento di stimolo per gli istruttori e i ragazzi a continuare il lavoro invernale in vista del prossim anno”.
Quanto possono essere utili per i giovani cavalieri lezioni così concentrate?
“Per lavorare con un tecnico esterno è necessario un rapporto di fiducia reciproca, deve esserci la capacità per chi insegna in questi stage di interagire positivamente anche con gli istruttori. Il lavoro va fatto sui ragazzi, ma poi questo deve essere in ampia parte recepito, condiviso e portato avanti dall’istruttore. Per i più avanzati, che sono un po’ più indipendenti, c’è sempre qualche esperienza pratica o qualche idea su cui riflettere per migliorare la propria tecnica”.
Ha notato nel corso degli anni un aumento delle presenze ai suoi stage?
“Direi di sì. Rispetto all’anno scorso, per esempio, questo stage pre natalizio, è molto più affollato. Sono molto soddisfatto perché nelle ultime due settimane, girando l’Italia, ho visto più di settanta ragazzi”.
È stato tecnico nazionale del settore pony. Cosa le ha lasciato quest’esperienza da punto di vista umano e quali sono, secondo lei, i miglioramenti che ha apportato al settore col suo lavoro?
“I miglioramenti… dovremmo chiedere ai ragazzi. Io mi sono molto divertito, sono soddisfatto del lavoro, ho aperto un dialogo con loro positivo anche emotivamente. Credo che per me sia stato uno stimolo psicologico interessante perché non dimentichiamo che fare l’istruttore diventa spesso una routine, mentre essere un tecnico nazionale vuol dire lavorare col “materiale” degli altri. Questo prevede una disposizione d’animo e una capacità di condividere ma anche di accettare i compromessi. Sono molto soddisfatto di essere riuscito a istaurare con gli istruttori, ma anche con i genitori un rapporto positivo, di reciproca collaborazione perché anche i genitori, nel loro ruolo, devono riuscire a essere lontani ma presenti allo stesso tempo e hanno una funzione fondamentale per i ragazzi”.
Spesso, parlando con tecnici nazionali, abbiamo sentito lamentele sul fatto che i giovani italiani siano, per così dire, viziati e che per loro sarebbe meglio andare più spesso all’estero per rapportarsi a realtà diverse. Un modo, insomma, per svegliare i giovani.
“Una sveglia la potrebbe dare il trascorrere del tempo in qualche scuderia all’estero “per lavorare”, fare i box, passeggiare i cavalli dei cavalieri importanti. Qualche volta sotto questa “copertura” si nasconde l’idea di fare una bella vacanza. Ben venga la scelta di andare all’estero, del confronto, ma che sia un’esperienza sul campo. Vedere i giovani che arrivano da soli, senza i genitori, senza il groom, che vivono in scuderia, che si occupano del trasposto del cavallo e che il giorno del Gran Premio arrivano in scuderia e il tecnico dà loro una mano: questo è un esempio da imitare. Anche in Italia ci sono ragazzi che sgobbano e che vengono dalla gavetta e molto spesso sono quelli che nel passato hanno dato i migliori risultati”.
Cosa si aspetta per il futuro?
“Nell’immediato spero di poter proseguire questa collaborazione, ma dipende da cosa deciderà la Federazione e dalle scelte generali dell’ambiente. Vorrei trovare il tempo di andare un po’ per mare. Diciamo che la mia collaborazione con il mondo dello sport è aperta. Mi sembra che ci siano grandi aspettative, il momento è interessante, con le nuove elezioni molti aspettano dei cambiamenti e io, come tutti gli altri, in questa fase di fine quadriennio sono curiosamente in attesa degli eventi”.
C’è qualcosa in particolare che vorrebbe venisse cambiata?
“Ci sono tantissime cose che andrebbero cambiate. Se penso al mondo dei pony, vedrei con favore un passaggio graduale di questa specialità agonistica a ragazzi più giovani con il massimo dell’età per l’agonismo portato a 14 anni, mentre la parte ludico-addestrativa, dei cosiddetti “pony games”, per essere in sintonia con la crescita delle discipline olimpiche, dovrebbe terminare prima, verso i 12 anni. Potrebbe rimanere come specialità a sè, ma se si permette ai ragazzini di concentrarsi esclusivamente sui giochi fino a età avanzata spesso si preclude loro la possibilità di partecipare con successo alle altre discipline equestri a livello agonistico”.
Quali sono le caratteristiche del perfetto istruttore?
“Un buon istruttore deve avere capacità tecniche perché deve conoscere molto bene la materia, capacità organizzative perché deve sapere impostare correttamente il lavoro nel quotidiano e nel lungo periodo. Deve avere poi, cosa in cui era geniale mio padre, una grande capacità psicologica, perché è inutile fare un buon lavoro se poi il messaggio non arriva”.
E il perfetto allievo?
“Il perfetto allievo deve essere, nel giusto equilibrio, motivato, appassionato, avere e mantenere una dote naturale fisica perché nel tempo spesso si deteriora. Purtroppo, l’allievo perfetto è quello che, arrivato a un certo livello, deve andarsene dal suo istruttore, come è nella natura delle cose”.
Per chiudere, lei prima accennava alla sua passione per la vela. So che sta organizzando un’attraversata che partirà da Roma per arrivare a Capo Verde e avanti fino alle Antille. Cosa ci vuole anticipare?
“Ormai è abbastanza ufficiale. L’anno prossimo, a novembre e dicembre, ho in progetto di partire con un gruppo di amici da Roma e, passando per le Baleari, Gibilterra, le Canarie, arrivare fino alle isole di Capo Verde per poi proseguire in solitario fino alle Piccole Antille. L’idea è di lanciare questa ultima sfida al mare, dopo una vita di sfide a cavallo, e attraversare l’oceano con la spinta favorevole degli alisei in poppa.