Hickstead era uno stallone, il miglior stallone del mondo. Era un cavallo olandese di statura media, dal manto baio, nato nel 1996, dedicato al salto ostacoli. Ma soprattutto era un cavallo dal cuore grande, un cuore che gli sarà, purtroppo, fatale. La sua genealogia annovera Nimmerdor, importantissimo stallone che diede lo stampo all’allevamento olandese. Il padre di Hickstead è Hamlet che divenne “ottimo riproduttore” proprio grazie ai successi di suo figlio, mentre la madre è Jomara che nel 2004 ha dato alla luceHickstead II. Ma un cavallo di quel calibro non può avere alcun degno successore.
Hickstead era un cavallo velocissimo e agile, uno scomodo avversario nei barrage. Ma oltre alle doti fisiche possedeva una testa dotata di intelligenza, determinazione, attenzione, rispetto, competitività, grinta, generosità, personalità, genialità e coraggio. Il suo gesto sul salto era particolare, non bellissimo, ma sicuramente efficace. E questo faceva di lui un campione, un cavallo da sogno, un cavallo da record. Per molti anni è stato, e sarà ancora il parametro di riferimento di molte cose, di molte imprese.
Hicstead è venuto alle luci della ribalta grazie al suo cavaliere Eric Lamaze, o forse sarebbe meglio dire il contrario. Certamente erano un binomio, davano l’idea di essere i due pezzi del puzzle che combaciavano. Ci hanno regalato grandi emozioni negli ultimi anni e, a prescindere dalla nazionalità del cavaliere, ognuno di noi riconosceva e applaudiva le formidabili performance che solo loro erano in grado di mettere in atto. Erano imbattibili nonostante gli sforzi repentini e prolungati che la stagione di gare imponeva loro e che loro sapevano portare a termine con costanza e successo. Erano una macchina da guerra che nessuno avrebbe voluto avere contro.
Hickstead era un cavallo fuori classe, abituato a ricevere applausi e sembrava capire alla perfezione l’atmosfera agonistica, sapeva di non dover toccare barriere, di non doversi fermare e di essere veloce, a costo di saltare i pilieri, sapeva che doveva vincere, e gli piaceva.
Le sue tante vittorie si possono riassumere nei 4 milioni di dollari vinti in pochi anni, ma così sarebbe riduttivo. Nel 2006 Hickstead faceva parte dalla squadra vincitrice della Nations Cup in florida e ottenne il 3° gradino del podio ne Gran Premio ad Aachen, e vince a Spruce Meadows. L’anno successivo, sempre a Spruce Meadows vince 1 milione di dollari. Ai giochi Pan Am ottiene l’argento di squadra e il bronzo individuale. Nel 2008 il binomio vince l’oro individuale e l’argento a squadre per il Canada alle Olimpiadi di Pechino. Nel 2010 fu nominato miglior cavallo del mondo dopo i World Equestrian Game di Lexington ma soprattutto dopo aver portato a termine in modo magistrale tutti e quattro i percorsi con 0 penalità ed è rimasto l’unico nell’ultimo giro, dove i migliori quattro cavalieri si scambiano i cavalli, a chiudere senza errori siglando la vittoria per il suo cavaliere Eric Lamaze. Nello stesso anno conquistano l’oro nel GP Rolex di Aachen e nella FEI World Cup di Ginevra. Nel 2011 per la seconda volta vince 1 milione di dollari a Spruce Meadows e conquista l’argento nella finale FEI di Coppa del Mondo a Lipsia. In Italia ha vinto il prestigiosissimo Gran Premio Roma a Piazza di Siena. Questi sono solo alcuni dei più importanti risultati ottenuti da questo formidabile cavallo. Eric Lamaze puntava sul suo fedele compagno per bissare a Londra 2012 l’oro olimpico, un exploit mai realizzato ai Giochi.
Quando ormai la corsa al successo era inarrestabile arriva la tragedia. Il 6 novembre 2011 a Verona durante la FEI World Cup e dopo aver portato a termine un percorso sporcato da un solo errore, dando il massimo fino alla fine, il cuore di Hickstead cede e i sogni si infrangono. Dopo l’ultimo ostacolo, dopo aver ricevuto le meritate carezze, davanti a centinaia di spettatori lì per lui, durante gli applausi, il cavallo, barcollante, indietreggia e crolla a terra. È agonizzante davanti agli occhi impotenti del suo cavaliere Eric Lamaze che, in un gesto disperato, tenta di sfilargli la testiera. Il pubblico si ammutolisce e i volti si rigano di lacrime davanti a quella che ormai sembra la teatrale morte di un campione. Una morte in diretta televisiva mondiale. Inutili sono stati i tentativi di soccorso posti in essere dai veterinari di servizio e la speranza divenne vana quando il corpo, ormai esanime, di Hickstead fu circondato da teloni azzurri mentre un van faceva il suo ingresso in campo per portarlo via. Eric Lamaze scoppiò in lacrime e non vi fu più alcun dubbio. La gara, a richiesta dei concorrenti entrati in campo gara a piedi commossi , fu sospesa e si fece un minuto di silenzio. La notizia si fece largo tra i padiglioni della Fieracavalli di Verona tra l’incredulità e lo stupore di tutti i visitatori e appassionati. Non ci si poteva credere, l’ultima volta che Hickstead gareggiò in Italia ne uscì trionfante e proprio in Italia, ora, il suo cuore cessava di battere.
Nei giorni a seguire, in attesa dell’autopsia, furono molte le parole di conforto verso Eric Lamaze, che certamente doveva essere divorato dai rimorsi e certamente avrebbe preferito non partecipare a quella gara. Ma si fecero largo anche i dubbi sulla morte del cavallo coraggioso per eccellenza. Emerse l’ombra del doping, di cui Lamaze era già stato accusato anni addietro, anche se Hickstead non è mai risultato positivo ai test. Ognuno si chiese, lecitamente, come un cavallo potesse essere sottoposto a ritmi sportivi incessanti, uscendo sempre vittorioso, e come il suo cavaliere non avesse pensato di risparmiarlo, partecipando egoisticamente a tutte le gare con lo stesso soggetto che gli assicurava i vertici della classifica.
Su tali interrogativi fece luce l’autopsia. Il referto parla di lacerazione dell’aorta con conseguente fuoriuscita di sangue che andò ad accumularsi nella membrana avvolgente il cuore causando la compressione del muscolo cardiaco che portò al decesso istantaneo dell’animale. Per il resto Hickstead era sano e si esclude la presenza di sostanze dopanti. Inoltre, non si poteva fare nulla né per prevenire né per evitare il decesso. La rottura di vasi sanguigni è, infatti, causata da aneurisma ossia assottigliamento della parete del vaso, o per trauma. Insomma, una drammatica fatalità, un appuntamento con la morte avvenuto in un campo gara che aveva già regalato gloria a un cavallo eroico e a cui certamente sarà riservato un posto da protagonista nella storia dell’equitazione.
Dopo la sua morte, Hickstead è stato nominato cavallo dell’anno. In suo onore la federazione equestre canadese ha istituito l’Hickstead Trophy. È stata anche inaugurata una statua in bronzo rappresentante proprio il baio fenomenale che fu scoperta dal suo cavaliere a Calgary.
Se Hickstead si è spento, così come i sogni di Eric Lamaze, non si è certo spento il mito che ha creato e il ricordo delle emozioni che ha regalato al suo pubblico, il ricordo di un sogno. Hickstead è stato un gladiatore degli ostacoli, un cavallo coraggioso e dal grande cuore, perché è il cuore quello che conta.